Fratelli & coltelli – Perché amo i coltelli Opinel

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Con loro ho un lungo rapporto di grande affetto; anzi, posso proprio dire che amo i coltelli Opinel perché fanno parte del mio panorama domestico da molti anni, e perché li ho scoperti da sola.

Non voglio dire che li ho trovati conficcati in una roccia avvolta dal muschio e illuminata dai raggi del Destino. Ma come già raccontato, vengo da una scellerata famiglia che non sa apprezzare la grande bellezza di una buona lama e di un buon manico.
Sono autodidatta, e tutto è cominciato leggendo un libretto nel lontano 1998, “La prima sorsata di birra e altri piccoli piaceri della vita” di Philippe Delerm.

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Proprio il primo quei piccoli piaceri elencati è quello più francese e ruspante, ed è quello che mi è rimasto più impresso: avere un piccolo coltello in tasca: “Non un coltello da cucina, naturalmente, né un coltello da malavitoso a serramanico. ma neppure un temperino. Diciamo un Opinel n°6 o qualcosa di simile. Un coltello che sarebbe potuto appartenere a un nonno ipotetico e perfetto”.

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Era la prima volta che sentivo nominare questo nome. Mio marito mi spiegò che gli Opinel “sono la quintessenza dello spirito francese” e l’entusiasmo di quelle due citazioni mi è rimasto impresso finché cinque anni più tardi, a Parigi, passando davanti a un’armeria ho visto esposto in vetrina il famoso “Mon premier Opinel”, il primo coltello che si regala a un bambino francese.
Siamo entrati, con Federico che aveva 10 anni e Pietro che ne aveva 5, con l’idea di dare un’occhiata.

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Punta arrotondata, serramanico con anello di sicurezza avvitabile (ai nostri tempi non c’erano colorati, solo di legno naturale!)

Il negoziante sembrava una caricatura: tutto baffi e bof-bof e suoni gutturali e un bonario ma aggressivo insistere che “il faut que l’enfant ait son premier Opinel! 10 ans, ça suffit! Et même aussi le petit, quoi!” (il bambino deve avere il suo primo Opinel! Ha 10 anni, basta! Anche il piccolo, che diamine!).
Loro non sapevano tradurre, ma avevano capito che monsieur stava sostenendo che avevamo diritto ENTRAMBI al piccolo piacere della vita di girare con una lama pieghevole in tasca.
Federico, dall’alto dei suoi dieci anni, l’ha avuta vinta, e vanto (oh, quanto se n’è vantato). Pietro ha ragnato e pregato inutilmente: il suo premier Opinel è arrivato quando anche lui ha compiuto dieci anni (anche se mio marito glielo aveva comprato che ne aveva otto, ma io sono stata inamovibile: è rimasto nascosto in un armadio e gli è stato consegnato solo per il suo decimo compleanno).
I ragazzi hanno ancora i loro due coltelli n°7 e sono tra i loro oggetti più cari.

Anche io volli il contentino da Parigi, però: per me presi quattro “Office” con il manico di faggio, dei veri passe-partout in cucina che da allora vedono la lavastoviglie tutti i giorni, con grande scorno degli arrotini da cui li ho portati due o tre volte a riaffilare.

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Nota per i neo-coltellofili: per mantenere a lungo i coltelli, lavarli ed asciugarli a mano. Affilarli in casa con un acciarino o una pietra apposita – meglio se lo fa sempre la stessa persona così da mantenere l’angolo di frizione e ottimizzare la riduzione della lama.

Ho allargato poi il mio “parco” con altri otto “Bon appetit” n°125, colorati e un poco più lunghi degli Office, adatti sia a tagliare piccole verdure in cucina, che una bistecca a tavola.

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Nel frattempo, intervistando per L’uomo Vogue Benjamin Biolay, uno dei miei cantanti preferiti, ho scoperto è per parte di madre un Opinel (c’est tout petit, le monde!): già, perché l’azienda è in mano alla stessa famiglia dalla sua fondazione, ai primi dell’800 in Savoia. E oggi un coltello Opinel viene venduto ogni 10 secondi!
I suoi pezzi più tradizionali sono parte del patrimonio mondiale del design, esposti al Victoria and Albert Museum di Londra, citati nei dizionari e nella lista definitiva dei “Phaidon Design Classics”.

Potete quindi immaginare l’eccitazione con cui ho accolto la possibilità di scegliere tra tutto il catalogo Opinel quello che più mi piaceva per me e la mia famiglia. Un regalo bellissimo!

La prima cosa che ho fatto è stata individuare il coltello ideale per Mario, il piccolo di otto anni.
I suoi fratelli hanno scorticato non so quanti legnetti con i loro coltellini, ma lui non è tipo da boschi. Ama però moltissimo cucinare e, come dice lui, è il mio “aiutatore”. Il set “Petit Chef” aveva il suo nome scritto sopra!petit chef opinelE infatti ora tutte le sere si prepara le sue verdure preferite da solo: sbuccia e affetta cetrioli e carote, e paradossalmente ha più paura di condire con troppo sale che di tagliarsi!

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Poi ho pensato al nostro orto in terrazzo: abbiamo due cesoie che hanno visto tempi migliori e che anche nella loro età dell’oro non erano di gran qualità. Voilà le “Secateur“!
Ha tre posizioni in sicurezza per tagliare rami di spessore diverso.

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Per la nostra tavola ho scelto il set “Table Chiccon manico in betulla tinta color mandarino (edizione limitata, solo 600 cofanetti). Sono coltelli da carne, ideali per scalcare le fiorentine dal loro osso.

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Inaugurati con un classico pranzo della domenica: roastbeef, Yorkshire pudding e piselli al burro

Li ho sempre desiderati!

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Per la mia cucina ho scelto un “Cranté 113“, con una seghettatura pensata per le pelli dure di pomodori, peperoni e kiwi (ma che meraviglia con i limoni: fa delle fette sottili come un foglio di carta!).

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E il coltello da pane Parallèle, dalla lama obliqua per fare maggiore leva sulle croste. Anche con questo riesco ad ottenere fette millimetriche da pani molto rustici.

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Infine, per la cucina della casa di Federico, che ora ha 23 anni ed è già un cuoco versatile e curioso, il regalo più bello: la serie “Parallèle Pop! Non solo ha tutto quello che gli serve nella fase di preparazione, ma lo ha in grande stile!

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Da sinistra a destra: da arrosto, Santoku, disossatore, carpaccio, pane, forchettone, Chef

Mi sono resa conto solo dopo aver finalizzato il mio ordine che non avevo incluso un coltello speciale per mio marito, appassionato velista. Gli regalerò il “n°8 Outdoor Vendée Globe” (progettato per tagliare cime spesse in un solo colpo, e stringere e aprire grilli ossidati dalla salsedine) per il nostro prossimo anniversario.

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E, sì, la superstizione dice che i coltelli regalati devono essere ripagati con un centesimo per non portare sfortuna – ovvero divisione nelle famiglie.

Ma nella nostra, Opinel è sempre stato un motivo di allegria e comunione.

(Post in collaborazione con Opinel)

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