Intervista a Shelley Miller, l’artista che usa la ghiaccia reale al posto della pittura
Sembrano azulejo, le mattonelle decorative tipiche del Portogallo e della Spagna meridionale, i mural che l’artista canadese Shelley Miller compone sulle pareti di edifici pubblici in giro per il mondo.
Eppure, a differenza di quelli che ne ispirano l’iconografia, sono destinati ad una vita molto breve: le piastrelle non sono di maiolica ma di pasta di zucchero, e le cornici decorative eseguite in ghiaccia reale.
Vento e pioggia li decompongono, a sottolineare il carattere effimero dei beni di consumo che ne sono il tema centrale: il commercio dello zucchero e lo schiavismo che l’ha supportato per secoli – come a dire: valeva la pena inabissarci nell’amoralità più bieca per una materia prima di lusso?
Oltre che con questi mural di forte impatto storico, sociale e soprattutto etico, la 37enne artista di Montreal si è cimentata – sac-à-poche alla mano – con riproduzioni di elementi architettonici in ghisa; con merletti, fiori e trine eseguiti su edifici industriali diroccati; con graffiti e tag (prodotti live durante la notte bianca di Toronto del 2012 con una squadra di assistenti); con piatti e tazze creati in zucchero e dipinti in stile settecentesco.
Quando hai cominciato ad interessarti alla ghiaccia reale come medium artistico?
L’ho usata per la prima volta quando ero ancora una studentessa, 16 anni fa. Continuo ad usarla per motivi che sono cambiati con il passare del tempo: all’inizio era per il riferimento alle attività domestiche e perché poteva mimare altri tipi di decorazione; poi l’ho usata come commento alla cultura del consumismo e del desiderio, scolpendo torte e zucchero per ricreare oggetti aspirazionali come borse griffate, scarpe, automobili, sigari.
Infine ho cominciato a investigare lo zucchero in se stesso e le sue origini. Questo mi ha portato a creare i mural che trattano il colonialismo e lo schiavismo; la maggior parte di questi lavori sono nati dai miei viaggi in Brasile, che hanno influenzato il modo in cui uso lo zucchero, perché il suo significato cambia a seconda del contesto e delle culture diverse. Il solo fatto di impiegare “royal icing” ha una risonanza vittoriana nel nome che riconduce al concetto di colonialismo.
Che materiali usi, esattamente?
Faccio la ghiaccia con zucchero a velo, polvere di meringa e acqua. Le piastrelle sono zucchero a velo e gelatina. Stendo la pasta così ottenuta e la presso in forme da piastrelle e la lascio asciugare finché non diventa dura. Una volta pronte, dipingo le piastrelle usando coloranti alimentari.
Lavori sempre all’aperto? Che “scadenza” hanno le tue opere?
I murales esterni durano da una settimana a tre mesi, dipende dai fattori meteorologici e dall’esposizione della superficie.
Comunque no, non lavoro sempre all’aperto, i progetti sono studiati di volta in volta. Ad esempio ora sto preparando un murale per Sydney, in Australia, e sarà una location interna.
Come reagisce il pubblico?
Generalmente in modo molto favorevole. La gente è a volte scioccata quando scopre che è zucchero. Alcuni non ci credono. In qualche occasione assaggiano!
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